Coaching e intelligenza emotiva

Coaching, fare il coach, o meglio essere un coach.

Con Coaching s’intende un processo di sviluppo per chi intraprende un cammino che lo porterà ad essere sempre più consapevole di sé, a migliorarsi e a raggiungere i suoi obiettivi. Detto così sembra una cosa da niente, tuttavia è un percorso ricco, impegnativo in cui l’ aspetto fondamentale è che le energie del coach e del coache e ossia del cliente, si devono mobilitare entrambe nello sforzo di giungere ad una meta desiderata.

E se è vero che il processo menzionato dura alcune sessioni, 6, 8, 10, quando si arriva ad un punto, si fa luce su una zona specifica, su un’area di consapevolezza (bisogna avere sempre un obiettivo) si viene stimolati in molti casi al cambiamento radicale che continua indipendentemente dalla fine del percorso intrapreso. Fare tutto questo vuol dire, uscire dalla famosa zona di comfort, si sa, ossia da una situazione che crea i famosi vantaggi secondari, (può essere comodo infatti rimanere così) per cercare una nuova zona, che sebbene sconosciuta potrà garantire maggiori risultati, e un piacere, nella sfida, rinnovato. Fino al momento in cui si cercherà e ancora, un altro punto a cui tendere. Una vita dove raggiunto un punto se ne cerca inevitabilmente un altro.

Ed è interessante osservare che, se si modifica anche solo un piccolo aspetto comportamentale, se si cambia un’ idea, altri cento ambiti di seguito tenderanno al cambiamento. Una specie di gioco del domino.
Come dire che se cambi l’auto, hai anche voglia di cambiare look, magari fai pulizia nel tuo armadio, o frequenti una nuova palestra, e forse intraprendi una dieta, butti via la vecchia montatura degli occhiali, e rinnovi le frequentazioni, ti appassioni ad un altro genere di lettura, hai simpatia per una persona che prima, incredibile, nemmeno non sopportavi. Insomma il cambiamento (tuo) diventa la parola d’ordine, la colonna sonora, il motto, all’insegna dell’abbandono della zona appunto di comfort, di comodo,pronto per un nuovo interessante viaggio nel futuro. A volte tutto questo accade dopo aver subito uno shock, tu  svegli, hai sofferto un lutto, una separazione, un dolore, un licenziamento.

Accade quando sei una persona sana, che reagisce e vuole vivere, che non se la prende con gli altri, oggi, circondati da violenze, rapine, guerre, si decide di cambiare se stessi, piuttosto che recriminare e piangersi addosso o accusare la società nella quale si vive inermi. Andare avanti, darsi da fare, cercare l’equilibrio interno e nell’ambito delle proprie relazioni, lavoro, famiglia, coppia, nonostante tutto. Il coach è il personaggio, professionista, che accompagna, apre la porta, aiuta nella possibilità di esplorarsi, stimola a cercare l’indizio, la convinzione che limita, e aspetta che l’altro ci arrivi, assicurando un sostegno competente, empatico, partecipando al progetto, e celebrando i successi. Un mediatore di pace. All’insegna del cambiamento, poiché tutto è movimento, la natura, l’Universo: nulla è fermo.

Ho il timore che gli altri mi percepiscano debole, racconta Leslie durante una sessione, una che perde le staffe, oppure che non sa controllarsi, paura di essere giudicata incompetente.
Mia madre, del Nord, era severa, aveva imparato a sua volta ad essere una bambina controllata e repressa, educata come un soldato, (aveva rinunciato alla sua professione di professoressa
di liceo per la famiglia) pretendeva che noi tre figli fossimo sempre in riga e ubbidienti ai suoi ordini. Attenti, diceva, che quando viene vostro padre (professore universitario) non vi
vuole vedere né frignare e nemmeno fare i capricci.

Lui è stanco. State buoni. Così ognuno di noi, madre compresa, fingeva che ogni attività, compito, stanza, fosse in ordine, a posto, mentre mangiavamo il cibo che non piaceva a noi bambini e che comunque era gradito solo ai nostri genitori. Nonostante avessi le mie paure (anche del buio), insicurezze, e tante domande, voglia di confidarmi, non potevo farlo con loro, a volte con i fratelli. Quando sono diventata grande, mi sono resa conto che anche io adottavo un modo, che consideravo “autonomo”, quello di risolvere le mie questioni personali. In realtà mi ero abituata alla solitudine, a non mostrare le mie emozioni, e nemmeno a riconoscerle negli altri. Devi essere forte, mi dicevano, una bambina brava e che fa il proprio dovere. E con queste indicazioni, convinzioni, sono cresciuta. 

Ora mi permetto, grazie al lavoro di autoconoscenza, di coaching, di lasciarmi andare, raccontare di me, aprirmi e vivere le mie cosiddette fragilità…, senza paura di essere debole, giudicata, riconosco i miei talenti, caratteristiche che sono invece vere risorse da cui apprendere per riconoscere anche gli altri, intorno a me. Avendo un ruolo di responsabilità nel mio lavoro, cambiando me stessa, sono riuscita a comprendere meglio i miei collaboratori, le loro emozioni, i loro conflitti, a pormi in una condizione di maggiore ascolto ed
empatia.

Se si tratta di un progetto di coaching aziendale, l’esigenza è quella di far raggiungere ai coachee, obiettivi di eccellenza, diventare empatici, gestire i conflitti, acquisire competenze da leader, essere un leader, sviluppare l’assertività, e in ultima analisi, migliorarsi in genere. Nell’ambito del life coaching, ognuno affronta il suo percorso-progetto secondo le esigenze del momento e della richiesta che fa.
Qualunque sia il progetto, il coach è a disposizione del cliente, per soddisfare i suoi obiettivi, parola chiave: accompagna e sostiene come sa fare un buon comandante che guida la nave, ne è responsabile e insegna come esserlo a loro volta.
Quali competenze ha il coach? Tutte quelle che avrà sviluppato durante il suo percorso e vita professionale: deve essere capace, aver acquisito strumenti a tutto tondo (corsi, certificazioni, aggiornamenti), deve saper ascoltare, accogliere, essere empatico, emotivamente intelligente, possedere caratteristiche umane che siano congruenti col lavoro che pratica.
Il coach cambia? Di continuo.
Dopo aver ascoltato, accompagnato, mille storie, partecipato alla vita di tanti clienti, la sua cambia di conseguenza.

Il coach fa l’esperienza che il cliente gli racconta, partecipa e condivide le stesse emozioni, si commuove, gioisce, frequenta con la mente altri mondi, al riparo dell’ esperienza diretta dalle quali sa come prendere distanza per non rimanerne intrappolato. Sa dare un nome alle sue emozioni, dirigerle e navigarle. Gioia, tristezza, disagio, allegria, sono emozioni alle quali sa dare un nome. Usa la sua energia e la trasforma in una risorsa preziosa, che mette a disposizione dei suoi clienti.

Apre uno spazio per ciò che avviene dentro il suo cuore e alla sua testa, creando nuove possibilità. Il cliente alla fine, diventa competente nella soluzione dei suoi conflitti, raggiunge gli obiettivi, affronta le difficoltà, usando strumenti potenti, consapevole delle sue reazioni. Il coach, s’interroga, si analizza, si emoziona, si conosce, si entusiasma, dà speranza, vede positivo, fa intravedere nuove possibilità, infonde fiducia. Una vita insomma da coach.

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